Elio Mercuri – 1974
Da secondo reperto delle Istituzioni Pubbliche e della ricerca dell’arte italiana

Catelli costituisce un punto fermo nella generazione più viva dell’arte contemporanea, per l’intima adesione a quello che è oggi il problema di fondo. Come ritrovare una nostra identità, vera, fuori dall’ambiguità, con un suo senso e un suo scopo precisi e non smarriti nell’assurdo gioco di relazioni e metamorfosi inarrestabili. Del segno dove l’ombra lascia interi frammenti, soprattutto cela in impenetrabile mistero i volti a indicare questo nostro destino di dubbio e di inquietudine, questa nostra ricerca di ritrovare spessore, fino a poter stabilire questa relazione sicura tra noi e il nostro corpo, tra il corpo e lo spazio, tra il corpo e l’altro nella certezza dei confini di un mondo e non più soltanto nella sofferenza di una attesa.

Eppure, per quanto svuotati e privati di volto, da un qualunque frammento di corpo, si irradia l’energia di una insopprimibile vita, ed è fascia, tensione plastica, che in forza di un’estrema dignità e di un segreto impulso s’impone in forma che occupa e determina un nuovo spazio; nel quale riappropriarsi dell’esistenza ed essere immagine reale e non allucinata presenza di sogno. Senza per questo, eludere il rischio, ma anzi nella sfida che è apertura, contatto, tra perdute dimensioni, dove la natura e l’esistenza dell’uomo, il simbolo che richiama archetipe realtà e la figura si fondono in un’unica forma, fino a porsi nel loro indissolubile destino, nella dinamica nella quale è impossibile porre un confine, ma semmai, ed è il senso della scultura di Catelli, raggiungere un sofferto e mai definitivo equilibrio. Dal segno alla scultura a indicare il percorso dell’immaginazione che strappa il velo al mistero e annulla l’ombra.