Dario Micacchi – 1978
“Camillo Catelli uno scultore della follia”, Galleria Sirio, Roma

È incredibile il numero di artisti e di operatori estetici di originale immaginazione che continuano a venir fuori dall’ambiente napoletano. La situazione a Napoli è davvero tragica per lo stato delle strutture artistiche del mercato e delle prospettive di lavoro che si offrono al giovani. Tra questa situazione e il fiume di ricerche e proposte, individuali e di gruppo, c’è un totale scollamento, mentre assai forti e profondi sono i collegamenti con la realtà sociale della grande città e con la ricerca italiana più in generale. Certo, i giovani napoletani pagano un prezzo durissimo e tante energie vengono bruciate, ma la loro produzione artistica ha una vitalità e una forza d’urto che altri artisti in condizioni assai più favorevoli hanno smarrito.

Ne è una conférma lo scultore Camillo Catelli, nato a Napoli, che presenta a Roma una ricca serie di disegni. Sono inconfondibilmente disegni di uno scultore anche se, nella finitezza formale, del tutto autonomi. Disegni di folla che sia nella immobilità sia nei gesti violenti rivela una grande, irrisolta tensione. Le figure ignude sono costruite, nella statica come nella dinamica, con una possente e chiara volumetria, con un segno sicuro e di penetrante definizione della psicologia di massa in attesa e in tensione, un segno che affonda e si libera da certi grumi di inchiostri che evocano la materia della scultura.

Molte delle figure di stravolta anatomia sono fermate come in caduta nello spazio e sono tra le figure più enigmatiche e suggestive. Catelli ha un segno di grande bellezza ed anche quando costruisce una figura sola la cala in un “clima” di folla, in una tensione di energia che è in circolo. Catelli è uno scultore di folla, uno scultore di grandi attese e speranze che ridà all’anatomia allo stesso tempo potenza dinamica e forza generalizzante di simbolo.

Come disegnatore Catelli è molto costruttivo, architettonico, sintetico: la concretezza anatomica della figura è finalizzata all’espressione e alla comunicazione di quel “clima” di attesa e di energia di cui si diceva. Nell’energia irrisolta della folla di Catelli c’è anche qualcosa di pauroso, di minaccioso, qualcosa che è dei nostri giorni. In certe immagini questa folla è fissata in una figurazione enigmatica: potrebbe costruire come distruggere.

È sulla qualità significante del segno che Catelli dovrebbe intervenire con maggiore chiarezza, come dire che deve affinare la sua capacità analitica di vedere la composizione sociale della sua folla e le possibili direzioni dell’energia. Non vuole essere il nostro un invito ad un contenutismo e alla illustrazione di accadimenti sociale, bensì un invito a una maggiore esattezza del segno, a una sua più lirica tipicità sociale, nella costruzione delle immagini di follia in tensione.